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18 giugno 2015

Lo studio choc

Professionisti friulani in crisi



 


La crisi dei professionisti, la metà sotto i 15mila euro annui





Professionisti, la metà guadagna meno di 15mila euro Il problema principale è quello del ritardo nei pagamenti: a ricevere un compenso puntuale è solo un professionista su tre. Ma, più in generale, è ancora una questione di crisi: quasi la metà dei professionisti (più di 12mila in provincia di Udine, 40mila in regione) guadagna non più di 15mila euro all’anno, 1.250 euro al mese. I dati emergono dall’indagine “Vita da Professionisti” realizzata dall’associazione Bruno Trentin con il supporto della Consulta delle Professioni della Cgil e della Filcams Cgil. «Lo studio – commenta Romeo La Pietra, presidente dei “Professionisti per il Friuli Venezia Giulia” – conferma che, mentre in passato la possibilità di svolgere una professione specializzata era garanzia di benessere economico, oggi i professionisti sono costretti ad affrontare numerose difficoltà conseguenti a una lunga crisi da cui ancora non si intravvedono spiragli di uscita». Rivolta ai professionisti non dipendenti che operano come autonomi, la ricerca (2mila interviste online a ingegneri, architetti, avvocati e altri professionisti con Partiva Iva) svela che il 45,7% percepisce fino a 15mila euro all’anno e solo il 21,7% supera i 30mila euro. Oltre alle difficoltà legate al reddito vengono evidenziate quelle legate al ritardo dei pagamenti: solo un professionista su tre (il 29,5%) è pagato puntualmente, il 19,5% con un ritardo che va dai 3 ai 6 mesi e il 16,8% è costretto ad aspettare più di sei mesi. In particolare, se il committente è pubblico, per il 20,7% il ritardo è di oltre sei mesi, mentre il 6,8% dichiara di non essere mai stato pagato. «Su queste basi – osserva il presidente La Pietra – non sorprende che il 60% del campione sostenga di avere difficoltà ad arrivare a fine mese». Informazioni sconfortanti anche sul fronte lavorativo, dato che il 16,5% degli intervistati fa sapere di avere avuto l’anno scorso fino a due mesi di inattività, il 20,9% da tre a sei mesi e l’11,8% da sette mesi ad un anno. Per l’orario di lavoro, infine, il campione si divide a metà: il 44,5% lavora più di 40 ore settimanali, il resto rientra negli orari standard; tendenzialmente però si è riscontrato che i redditi più elevati sono percepiti da chi lavora più ore, a dimostrazione, conclude La Pietra, che «per i professionisti il benessere economico si lega imprescindibilmente allo sfruttamento o all’auto-sfruttamento»